La nascita di un figlio è un evento che cambia la vita, non solo per la madre, ma anche per il padre. Se da un lato la depressione post-partum materna è stata ampiamente studiata, negli ultimi anni è emersa con forza la consapevolezza che anche i neo-papà possono soffrire di questa condizione. I padri possono affrontare un periodo di particolare vulnerabilità emotiva durante la gravidanza e dopo la nascita del bambino, con un impatto significativo sulla loro salute mentale e sul benessere dell'intera famiglia.
La depressione paterna perinatale, che si manifesta durante la gravidanza o nel primo anno dopo il parto, è una condizione spesso trascurata, ma con un impatto significativo sulla salute mentale dell'intera famiglia. Nonostante la crescente attenzione rivolta alla depressione perinatale materna, quella paterna non ha ricevuto la medesima considerazione. Eppure, studi recenti indicano che circa il 10% dei padri sperimenta sintomi depressivi in questo delicato periodo, spesso accompagnati da ansia, rabbia, insonnia e difficoltà nell' instaurare un legame di attaccamento con il bambino (Cameron et al., 2016; Wee et al., 2021).
È fondamentale sfatare il mito che la depressione post-partum sia un'esperienza esclusivamente femminile. Anche i neo-papà possono esserne colpiti, manifestando sintomi come tristezza, ansia, irritabilità, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e perdita di interesse. Queste difficoltà emotive possono ostacolare la creazione di un legame profondo con il neonato, la partecipazione attiva alla sua cura e la capacità di fornire supporto alla partner.
Un coinvolgimento attivo del padre nella crescita del figlio, fin dai primi momenti, è essenziale per il benessere di tutta la famiglia. Le ricerche dimostrano che i bambini i cui padri sono presenti e partecipi mostrano un migliore sviluppo cognitivo, linguistico e socio-emotivo, con un minor rischio di sviluppare problemi di salute mentale. Il coinvolgimento paterno, inoltre, offre un supporto fondamentale alla madre, aiutandola a gestire lo stress e le sfide della maternità, riducendo il rischio di depressione post-partum e migliorando la relazione di coppia.
Superare la concezione riduttiva del padre come mero "chauffeur" o figura di supporto alla diade madre-bambino è un passo fondamentale per promuovere una paternità più consapevole. La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato l'importanza del coinvolgimento paterno fin dai primi momenti di vita del bambino. La presenza affettuosa del padre, la sua partecipazione attiva alla cura e all'educazione, costituiscono fattori cruciali per uno sviluppo sano e completo del bambino (Lamb, 2010; Pleck, 2010).
A tal proposito, uno studio recente pubblicato su Stress and Health (Mangialavori et al., 2021) ha indagato la complessa relazione tra stress percepito, soddisfazione diadica e depressione prenatale nelle coppie in attesa del primo figlio. I risultati hanno evidenziato un interessante effetto interpersonale: lo stress percepito dalla madre era associato alla depressione prenatale del padre, mediata dalla soddisfazione diadica del padre stesso. In altre parole, lo stress materno influenzava negativamente la soddisfazione del padre nella relazione, aumentando il suo rischio di sviluppare sintomi depressivi.
Questo studio sottolinea l'importanza di considerare la salute mentale di entrambi i partner durante la gravidanza, in particolare quella dei futuri padri, spesso trascurata. Offrire supporto psicologico alle coppie, focalizzandosi sulla soddisfazione diadica e sulle strategie di coping, potrebbe contribuire a migliorare il benessere di entrambi i genitori e a prevenire la depressione prenatale, soprattutto nei padri.
Gli operatori sanitari hanno la responsabilità di adottare un approccio olistico alla salute familiare, considerando il benessere di entrambi i genitori. L'implementazione di screening per la depressione paterna durante le visite pediatriche e l'offerta di supporto specializzato ai padri che ne soffrono sono elementi essenziali per una prevenzione efficace (Paulson & Bazemore, 2010).
La proliferazione di manuali e consigli semplicistici sulla genitorialità (veri e propri "bugiardini") contribuisce a generare un'immagine idealizzata e irraggiungibile del "genitore perfetto", alimentando ansie e fragilità nei genitori reali. Come affermava Winnicott, "Il bambino ha bisogno di una madre sufficientemente buona, non perfetta".
Questa ricerca della perfezione rischia di creare un modello a cui il figlio non potrà mai identificarsi, compromettendo il processo di individuazione e la costruzione di una sana autostima. Al contrario, riconoscere i propri errori e limiti, mostrandosi autentici e in continua evoluzione, rappresenta un atto di amore e di insegnamento fondamentale per il bambino.
Come sosteneva Carl Rogers, "L'individuo ha in sé la capacità e la tendenza a progredire verso la maturità, verso l'evoluzione, verso il pieno sviluppo delle sue potenzialità". In quest'ottica, il genitore, lungi dall'essere un modello infallibile, diviene un compagno di viaggio che accompagna il figlio nel suo percorso di crescita, condividendo con lui anche le proprie fragilità e imperfezioni.
la 36esima edizione di questo importante studio annuale è stata pubblicata a maggio 2024 e analizza, tra i vari temi, l'impatto della pandemia Covid-19 sulla salute mentale degli italiani, con un focus sul consumo di psicofarmaci.
I dati presentati nel rapporto offrono un quadro preoccupante: quasi un italiano su 5 ha assunto farmaci come ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell'umore o antipsicotici nell'ultimo anno, con una prevalenza maggiore tra gli anziani e le donne.
Quasi un italiano su 3 ha cercato aiuto per la propria salute mentale. Un dato allarmante, che però rappresenta anche un passo importante verso la consapevolezza e la cura di sé.
Donne e giovani in prima linea: sono loro le categorie che più spesso si sono rivolte a psicologi, psicoterapeuti o gruppi di supporto. Tra le donne, in particolare, il 31,7% ha partecipato a sedute da uno psicologo in presenza, contro il 27,7% degli uomini.
Sbalzi d'umore, insonnia e depressione: questi i disturbi più diffusi tra gli italiani nel 2023, che ha colpito il 60% della popolazione, per quanto in diversa misura.
Il dato che emerge ed è più rilevante riguarda i giovani: il 72,7% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni soffre di sbalzi d'umore, il 71% di sintomi depressivi e il 51,2% di crisi di panico.
Segnale allarmante, indice della necessità di un repentino cambiamento sociale ma anche di quanto le nuove generazioni siano molto più consapevoli delle proprie difficoltà e le prime a saper chiedere aiuto.
La popolazione anziana (oltre 65 anni) spicca invece con il 22,4% per l’assunzione di psicofarmaci. Le donne sono più propense degli uomini: il 21,7% contro il 17,8%.
La spesa per questi farmaci è considerevole: il 43,8% degli utenti spende tra i 31 e i 100 euro al mese, mentre il 41,3% dichiara di spendere meno di 30 euro.
La necessità di un maggiore impegno per la tutela della salute mentale non è più procrastinabile e DEVE ESSERE OBIETTIVO PRIORITARIO NELL’AGENDA DI OGNI FORZA POLITICA.
È indispensabile un potenziamento dei servizi di supporto psicologico, facilitare e diminuire i tempi di accesso al supporto gratuito soprattutto per le fasce più fragili della popolazione.
Si deve creare una cultura in tal senso, con campagne di sensibilizzazione per ridurre lo stigma legato ai problemi mentali.
Promuovere la salute mentale è una priorità per il benessere individuale e collettivo.
Investire in interventi di prevenzione, sensibilizzazione e cura è fondamentale per costruire una società più sana e resiliente.